lunedì 23 marzo 2009

IO VADO QUI.....


Ciaooooooooooooooooooooooooo !!!


 


 

FOLLIA IMPERAT.

Le meglio cose in casa mia succedono la sera dopo cena.


Due giorni fa


Il ninnolino trotterella qua e la per la cucina mentre io gli corro dietro (virtualmente) e il Genio Grande rasseta. Il Piccolo Genio intralcia genericamente come è solito fare pirlando in giro come una trottola impazzita.


Ad un certo punto senza dire una parola sparisce nell' "altra ala del palazzo" col  Ninnolo al seguito. Pochi istanti dopo, il suddetto Ninnolo ricompare zompettando stringendo indice e pollice della mano destra come se avesse in mano qualche minuscolo tesoro.


Si avvicina, io apro la mano e lui deposita questo nulla meraviglioso nel palmo della mia mano, con aria estremamente soddisfatta.


Come d'obbligo mi profondo in "ooohhh aahhh uuuhhh che beeelloooo grazie amoreeeee" e lui ri-sparisce tutto contento nell'altra stanza. Solo per tornare 30 secondi dopo stringendo un altro tesoro invisibile tra le dita. Gli dico "amore questa volta dallo a papà"  e lui, sempre super-compiaciuto si gira verso il Genio Grande che con botta di genialità come appunto si conviene dato il suo nome, prende questa cosa che il Lo gli sta dando e se la mette in tasca con fare plateale.


Il Ninnolino si gira verso di me per ricevere il suo giusto complimento a cotanta bravura e io gli dico "ma amore grazie, come sei gentile, vai a prenderne ancora".


Al che dall'altra stanza, il Piccolo Genio (che manco a dirlo stava cagando...) contento come una pasqua pure lui mi informa "sono io, mamma, sono io che glie li do..."


Quindi, in buona sostanza: un figlio di 9 anni, mentre espletava le sue funzioni corporali, dava un fantastico nulla al figlio di 1 anno e mezzo, il quale trotterellando contento come un agnellino portava a due genitori adulti tale  nulla fantasmagorico, i quali genitori si dimostravano felicissimi di ricevere questo nulla e se lo ficcavano in tasca profondendosi in ringraziamenti e complimenti.


La cosa è andata avanti per un bel 20 minuti abbondanti.


Non c'è che dire: proprio una bella famiglia di pazzi.

martedì 17 marzo 2009

UNA MAMMA... PER AMICA?

No, amici miei, qui urge una diversa organizzazione.


Parliamoci chiaro: ho 38 anni, un marito, due figli, una casa, un lavoro a tempo pieno (anche un'auto, due tv e un cellulare, se vogliamo proprio esser precisi... e pure una cyclette) e se non faccio qualcosa al più presto, anche un bel esaurimento nervoso.


Non che io non possa gestire la situazione. Anzi, diciamolo francamente: io sono una di quelle fortunate! Ho due genitori sani e volenterosi che si smazzano i pargoli, ho un marito spettacolo che lava-stira-stende... eppure mi sembra di essere perennemente divisa, e perennemente inadeguata.


Faccio 1000 cose e mi pare di non farne fino in fondo nemmeno una. Sono sempre di corsa. Arrivo la sera alle sette a casa e trovo il delirio (come è giusto che sia, intendiamoci, non mi sto lamentando!): il figlio grande che vuole raccontarmi in 15 secondi tutta la sua giornata e mi salta addosso, il figlio piccolo che mi si ammignatta modello cozza e non mi molla per la successiva mezz'ora, il marito che vorrei baciare abbracciare ma non ho tempo. La cena bisogna prepararla in tempo record perchè il piccolo c'ha una fame che si mangia i miei malleoli; contestualmente si mette via un  bucato, si svuota la lavastoviglie, si sedano 4 tentativi di rissa tra i due figlioli a suon di spadate (e vince quello piccolo, ndr) e, forse, con un po' di fortuna, si riesce a chiedere al marito come è andata la giornata.


Lui prova a rispondere, ma il figlio grande prorompe in un "mammmaaaaaa ti devo dire una cosaaaaaa" ad un volume che farebbe impallidire qualunque concerto del Liga e quello piccolo cerca di ficcare la testa nel cesso (è affascinato dallo sciacquone) e quindi non puoi dar retta al povero marito che presto si trova a parlare da solo come un pirla (e si incazza da morire).


Ti guardi intorno e fai finta di non notare la polvere che si accumula negli angoli del bagno e le briciole della merenda sparse sul pavimento della cameretta (poi, casomai, la mattina dopo alle 7 dai una spazzata veloce), il delirio di giochi sparsi in sala, il tavolo della cucina desolantemente vuoto che ti guarda con aria di rimprovero  come a dirti "uè bella, qui è ora di apparecchiare".


Sorridi e metti in tavola una succulenta cena di prosciutto e formaggio, come capita praticamente 5 sere su sette e ti senti una madre di merda che non cura l'alimentazione dei suoi figli.


A questo si aggiunga che i progressi del tuo figliolo piccolo ti vengono inesorabilmente raccontati da terze persone perchè tu non sei mai li a vederli in prima persona, e lo stesso dicasi per i combattimenti in palestra del figlio grande (fa judo), che mandano in estasi il nonno (ex judoca lui pure) ma che tu puoi solo immaginare per averli visti una volta, per sbaglio, un secolo e mezzo fa.


E il marito?


Ah, beh, quello li è un capitolo a parte. Vorresti proprio, ma lo vorresti proprio, fare qualcosa di carino per lui una volta ogni tanto, ma sei talmente presa da tutto il resto che tutto il tempo che ti rimane con lui sono quei 15 minuti dopo che i bambini sono andati a letto... 15 minuti in tutto prima che entrambi crolliate stesi sul divano davanti alla tv, dormendo come solo la vostra nonna ultraottantenne faceva ai suoi tempi.


E nella tua mente c'è una casa ordinata e profumata, con una torta nel forno, un'atmosfera rilassata, una piacevole penombra e magari qualche candela qui e là, che non fa mai male. I letti fatti, la cesta del bucato semivuota e un marito che torna a casa dal lavoro e trova la cena che cuoce, i bambini lavati e in pigiama, e una moglie non isterica ad accoglierlo sulla porta.


No, signori miei, non è vita questa.


E se mi mettessi a part time?

lunedì 16 marzo 2009

CARI PAPA... OCCHIO!


 


Un avvertimento speciale per il papà della Puff-famiglia (conosciuto anche come Genio Grande), perchè il Lo è sulla buona, buonissima strada!!

mercoledì 11 marzo 2009

TROPICAL FUTURE


Orbene, grandi notizie.


Ieri mi è stata confermata dall'operatore la partenza per le mie agognate ferie.


Dal 24 marzo, una bella settimana a BoaVista (arcipelago di Capo Verde): sole, mare, palme, sabbia, cocktail, piscina, relax, olio solare, balli di gruppo e soprattutto... Kid Club!


Pronti, via.


Ho solo due problemi.


Il primo, virtualmente irrisolvibile: ho un irrazionale, spettacolare, incontenibile ed ingestibile terrore di volare. E qui mi toccano belle 6 orette buone a 10.000 metri con NIENTE SOTTO a sostenere l'aereo. E non posso nemmeno consolarmi con una bella crisi di panico, davanti ai miei figli.


Il secondo, virtualmente risolvibile ma praticamente del tipo "non-so-che-diavolo-fare": dove stradiavolacciomalefico è finita la borsa con dentro TUTTI i miei costumi e TUTTI  i miei parei??????????


Aiuto.



 

lunedì 9 marzo 2009

18 YEARS AFTER....


Sono tornata con il Genio Grande (per una combinazione, a dire il vero) nello stesso posto in cui siamo stati il giorno che ci siamo messi insieme, nel lontanisssssimo 1991.


Con un paio di figli in più a cui badare... ma con un escamotage, un giro sulla "nostra" giostra ce lo siamo fatti lo stesso!


Amor mio!


:-D




 


 

giovedì 5 marzo 2009

SVOLTA.



Delle volte capitano cose, avvenimenti, che cambiano completamente la prospettiva della vita di una persona. Per esempio, la nascita di un figlio ridisegna completamente tutti i tuoi valori.


Ma anche eventi meno drammatici possono avere effetti dirompenti. Quando succede, quello che era bianco diventa nero, quello che era in alto piomba sottoterra, quello che era giusto ti appare sbagliato e viceversa.


Ho avuto uno di questi momenti giusto l'altra notte. Inaspettato come una cometa... o forse non troppo inaspettato, ma questa è un altra storia. Sta di fatto che in mezz'ora tutte le mie priorità si sono scombinate come un puzzle caduto per terra, e poi si sono rimesse insieme formando un mosaico del tutto diverso da quello precedente.


Ma molto più bello e luminoso.


E' la riprova che la saggezza popolare nasconde spesso grosse verità. Non tutti i mali vengono per nuocere. Vedere le cose con occhi nuovi ti fa crescere, ti fa capire che a volte si perde la strada, ci si incammina su sentieri che si rivelano strade senza sbocco. O anche solo semplicemente futili.


Cambiare rotta, mutare prospettiva, riappropriarsi di ciò che è veramente importante diventa l'occasione di crescere, di essere felici e di rendere felici le persone che ami. O almeno, di fare di tutto perchè siano felici. E probabilmente, in questo cammino, di diventare una persona migliore.


IO HO SBAGLIATO.


Sono stata disattenta. (vogliamo dire acida? vogliamo dire colpevolmente puntigliosa? vogliamo dire troppo interessata alle banali contingenze della vita quotidiana? vogliamo magari dire anche stupidamente egocentrica?) Ho dato certe cose per scontate, e scoprire che non lo sono è devastante... ma è colpa mia, perchè con tutte le mie belle parole, ho dimenticato la cosa principale.


La vita, la mia per lo meno, è fatta di amore. E' la cosa più importante per me, e non c'è nulla che valga il rischio di perderlo. Ne il lavoro, ne i problemi, ne - tantomeno! - l'orgoglio. L'amore dei miei figli, della mia famigla.


L'amore di mio marito.


E' ciò che mi tiene viva.


E non mi vergogno affatto di ammettere che per lui, farei qualsiasi cosa.


 

mercoledì 4 marzo 2009

19 ANNI.

Ho 19 anni.
Sono innamorata.

Beh, a 19 anni è normale, direte voi.

E invece a me non sembra affatto normale.

Si, si, va bene. Sghignazzate pure, tanto lo so che sghignazzate.

Ma io l’ho saputo da subito che era lui.

La mia amica ridacchia e mi chiede se “me lo voglio fare”...

Ma io so bene che non è questione di una notte e via.

E’ “lui”.

Mai avuto un dubbio in proposito.



E mai ne avrò in futuro. 


 

Tra 19 anni avrò il doppio degli anni che ho ora.

Sarò più saggia? Ne dubito fortemente.

Una sera, una notte, forse tutto questo verrà messo in discussione.

5 parole che mi coglieranno di sorpresa fino alle lacrime.

L'amore non si discute. Ne allora, ne oggi.


 

Ma ora ho 19 anni

Non so niente di tutto questo.




martedì 3 marzo 2009

NULLA E' COME SEMBRA: IL LUPO CATTIVO

 

Quando Aki nacque, nessuno nel bosco si aspettava che l’anziana lupa Solima avrebbe avuto un altro cucciolo.

 

La sua famiglia era già molto numerosa, e i suoi figli erano ormai tutti adulti.

Il padre, il lupo grigio Nakido, era stato molto felice quando Solima gli aveva annunciato che avrebbero avuto un nuovo figlio. Felice e un po’ preoccupato.

 

-         Solima, ma sei sicura? Alla tua età… potrebbe essere pericoloso…

-         Forse, mio caro, forse. Ma pensa come sarà bello, sentire ancora rumore di zampette in giro per la tana!!

 

Così tutto il branco si era messo in attesa di quel cucciolo imprevisto, e quando era nato il piccolo Aki non aveva avuto un padre e una madre, ma almeno 20 padri e 20 madri! Tutti lo coccolavano, lo vezzeggiavano, lo viziavano portandogli delizie da mangiare quando Solima non vedeva e lo consideravano un po’ loro il figlio, un po’ il loro fratellino.

 

Aki, insomma, era il lupacchiotto più felice e beato che si fosse mai visto.

 

Dopo il primo inverno, passato al caldo e al sicuro della propria tana, con l’arrivo della primavera Aki cominciava ad uscire e ad esplorare il mondo. Era molto vivace e curioso di tutto, e faceva amicizia facilmente con ogni creatura vivente si trovasse davanti. Tra i suoi più cari compagni di gioco c’erano un coniglio e uno scoiattolo, coi quali spesso si assentava per giornate intere, girovagando per il bosco.

 

Bisogna dire che Aki era anche un po’ avventato, e spesso si ficcava in situazioni dalle quali non sapeva più uscire, come quella volta che per inseguire una farfalla si era trovato aggrappato al ramo di una quercia, e ci erano voluti 4 dei suoi fratelli per tirarlo giù; o quell’altra volta, quando volendo assaggiare il sapore del pesce aveva cercato di prenderne uno nel ruscello vicino alla tana, riuscendo soltanto a cadere in acqua e a farsi ripescare da Nakido, arrabbiatissimo per la sua imprudenza.

 

Solima lo capiva: anche lei era stata molto vivace da cucciola. Inoltre Aki era spesso solo, perché lei era piuttosto anziana e non aveva la forza di seguirlo dovunque; i suoi fratelli e sorelle erano spesso a caccia e quindi non sempre potevano badargli come si deve.

 

Fu per questo che un giorno Nakido decise di impartirgli una importante lezione.

 

Partirono insieme per una lunga passeggiata nel bosco, e Nakido gli parlò a lungo del pericolo, di come evitarlo e di come riconoscerlo.

 

Oltre a questo, gli spiegò che era completamente inopportuno, per un lupo, fare amicizia con dei conigli o degli scoiattoli. Aki non capiva. “Ma perché, papà?” chiedeva. Le spiegazioni gentili di Nakido non lo soddisfacevano, fino a che il grosso lupo grigio dovette dirgli le cose come stavano veramente. “Noi siamo cacciatori, figliolo. Conigli e scoiattoli sono le nostre prede. Un giorno, potresti dover mangiare i tuoi amici”

 

Aki ne rimase sconvolto… ma non al punto di rinunciare. “IO non mangerò mai i miei amici” pensava “nemmeno se dovessi morir di fame”.

 

Nakido sorrideva dell’ingenuità di quel cucciolo. Sapeva che prima o poi, la vita gli avrebbe fatto capire le cose che lui, in quel momento, non poteva. Era così che le cose andavano, tra cacciatori e prede.

 

-         Ma la cosa più importante che devo dirti oggi, figliolo – proseguì Nakido – è un’altra. C’è un animale dal quale devi assolutamente guardarti. Non avvicinarti mai, fuggi se lo fiuti, nasconditi se non puoi fuggire. E’ l’animale più pericoloso di tutti, più letale anche di tutto il branco riunito.

 

Aki era attentissimo.

 

-         E che animale è, papà?

-         E’ L’essere umano.

-         Essere umano? Cos’è un essere umano?

-         Gli esseri umani non abitano nel bosco, ma spesso lo attraversano. Camminano solo sulle zampe di dietro, e quelle davanti gli penzolano accanto al corpo pronte ad afferrare qualunque cosa gli passi vicino. Sono crudeli, uccidono non soltanto per mangiare, ma anche per puro divertimento. Possono creare il fuoco che tutto divora, e hanno un arma potente, che chiamano fucile, che serve per uccidere gli animali a distanza.

 

Aki non aveva mai sentito niente di più terrificante.

 

-         Starò alla larga, papà, puoi credermi! – disse convinto, con le zampe che gli tremavano.

 

Dopo questa chiacchierata sembrò per qualche giorno che Aki fosse diventato più prudente e più giudizioso. Ma una mattina, uscendo dalla tana, sentì il profumo più delizioso, più spettacolare, più irresistibile che si fosse mai propagato per la foresta. Tirò su il naso bene bene in alto, e lo seguì.

 

Percorse poche centinaia di metri, si accorse di trovarsi in un tratto di bosco senza alberi e senza erba per terra. Una striscia di terra che si allungava davanti lontano lontano attraverso la vegetazione e di cui non si vedeva ne l’inizio da una parte, ne la fine dall’altra. Stava ancora chiedendosi di cosa si trattasse, quando il profumo tornò a colpirlo. Si voltò e vide che proveniva da….. beh, proveniva da….. oh, insomma, ma cosa diavolo era quell’animale a due zampe che procedeva velocemente verso di lui????? Il profumo sembrava arrivare da un cesto che l’animale portava con una delle zampe davanti, che stranamente non poggiavano per terra ma stavano sospese per aria.

 

Ehi, un momento! Un momento un momento un momento………… oh accidenti, ma quello è un essere umano! Aki fece un balzo indietro. Era tremendamente spaventato, dopo i racconti del padre, ma come spesso accade ai cuccioli, la curiosità era superiore allo spavento. Si acquattò nei cespugli e osservò l’umano che camminava. Sembrava un cucciolo, anzi, una cucciola femmina. Emetteva rumori gradevoli con la bocca, e saltellava come se fosse molto felice. Aveva una cosa, una specie di grosso pezzo di qualcosa del colore delle fragole che le copriva la testa e le pendeva dalla schiena, arrivando quasi fino ai piedi. Ad ogni oscillazione del cestino, il profumo faceva perdere ad Aki il lume della ragione. Per fortuna, velocemente, l’essere umano cucciola sparì dalla vista e Aki fece ritorno a casa.

 

Il giorno dopo, lo stesso profumo lo accolse all’uscita della tana. Tornò sui passi del giorno prima, nella speranza di vedere nuovamente quello strano animale e il suo cestino, ed infatti dopo poco eccola comparire in fondo al sentiero.

 

Aki si fece coraggio e mosse un passo verso di lei. La bambina si fermò improvvisamente, come impaurita, ma poi lo guardò sorridendo.

 

-         oh ma che bel cucciolino! Vieni piccolino, vieni…

 

Aki non capiva i suoni che uscivano dalla bocca di lei, ma incoraggiato dal suo atteggiamento amichevole si avvicinò. Lei lo accarezzò sulla testa e gli fece il solletico sulla pancia, come faceva qualche volta sua mamma, e Aki si convinse di non correre alcun pericolo.

 

-         Hai fame, piccolino? Eh? Hai fame? Ho qui qualcosa di buono… guarda! Ti piace?

 

La bambina aveva aperto il cestino e il profumo fragrante di quel che c’era dentro si sparse tutto attorno. Aki non poteva credere al suo stesso naso: quello doveva essere il profumo del paradiso dei lupi! La bambina tirò fuori una grossa frittella e la porse ad Aki, invitandolo ad assaggiare.

 

Aki assaggiò quella ed altro. Non aveva mai mangiato niente di così saporito e così delizioso. Leccò le mani della bimba per ringraziarla e mentre se ne andava, restò impigliato nei suoi vestiti. Lei rise di gusto

 

-         Ahah piccolo lupo, hai ragione, il mio mantellino rosso è un vero impiccio! Io lo detesto! Ma la mamma insiste che devo metterlo, e così mi tocca ubbidire. Qui, aspetta che ti libero!

 

Così dicendo lo liberò ed Aki corse via, verso la tana.

 

Sulla via del ritorno riflettè su quello strano incontro. Non c’erano dubbi che quella fosse un essere umano. Eppure era stata gentile e gli aveva offerto del cibo. E non aveva in mano nulla che sembrasse un arma. Sicuramente suo padre aveva esagerato parlando degli esseri umani. La bambina non sembrava affatto pericolosa. Ciò nonostante, Aki valutò che fosse meglio non informare la famiglia della nuova, improbabile amicizia che aveva stretto.

 

Nei giorni e nelle settimane seguenti, Aki incontrò spesso la bambina col cappuccio rosso. Lei gli dava sempre qualcosa da mangiare, giocava con lui qualche minuto, e poi proseguiva per la sua strada, giù, lungo il sentiero. Evidentemente doveva avere una tana, laggiù.

 

La primavera lasciò il posto all’estate e l’estate all’autunno, e non passava giorno che Aki e la bambina col cappuccio rosso non passassero qualche tempo insieme giocando o camminando o mangiando le frittelle che uscivano magicamente dal cestino. Era ormai diventata la sua più cara amica, e Aki l’attendeva al sentiero ogni mattina, con impazienza. Del resto, lei sembrava altrettanto lieta di vederlo.

 

Ma quando anche l’autunno finì e cadde la prima neve, la bambina non tornò. Aki era molto triste, ma capiva che probabilmente, per quegli esseri spelacchiati senza pelliccia non doveva essere piacevole andare in giro con quel freddo. Così si dispose ad attendere la fine dell’inverno sperando che con la nuova primavera la sua amica sarebbe tornata.

 

Nel frattempo Aki cresceva. Durante l’inverno aveva messo su una bella pelliccia folta e dorata, ed era diventato sempre più esperto nella caccia, tanto che ormai i suoi fratelli lo portavano quasi sempre con loro per le battute più importanti. Aki ne era molto orgoglioso, e benché avesse ormai l’aspetto di un lupo adulto, dentro di se era ancora un giocherellone ed un combinaguai, come era sempre stato.

 

L’inverno finì e tornò la primavera. Una mattina, come l’anno precedente, il profumo di frittelle aleggiava nell’aria quando Aki uscì dalla tana. Che gioia! La sua amica stava tornando!!! Si affrettò verso il sentiero e vistala che arrivava allegramente col suo cestino, le corse incontro, le saltò sulle spalle e cominciò a leccarle la guancia uggiolando tutto contento.

 

Ma la bambina urlò. Un urlo terribile, acuto e penetrante. Afferrò una pietra da terra e la picchiò violentemente sulla fronte di Aki, che indietreggiò incredulo. Si fermò al centro del sentiero assumendo per istinto la posizione di difesa, cercando di capire cosa stesse succedendo. La sua amica non smetteva di urlare e di lanciargli addosso tutti i sassi che trovava a tiro. Aki, disperato, fuggì.

 

Il giorno dopo, Aki non si mosse dal bordo del sentiero. Attese di vedere se la bambina arrivava, ma quando la vide fu sorpreso di scoprire che non era sola. Si nascose in un cespuglio a guardare e vide che l’altro essere umano che la accompagnava, che era più grosso e più peloso di lei, aveva in mano un oggetto che aveva tutta l’aria di essere quel “fucile” di cui suo padre gli aveva parlato tanto tempo prima. Aki non poteva credere che lei volesse fargli del male, e non uscì dal suo nascondiglio.

 

Nei giorni seguenti, la bambina fu spesso accompagnata dall’uomo col fucile. Aki non si azzardò a farsi vedere, anche se avrebbe tanto voluto che tutto tornasse come prima, come quando erano amici. Un giorno lei apparve sola. Aki ne fu molto felice, ma quando si avvicinò vide che brandiva in mano un grosso bastone e che camminava lanciando occhiate attorno al sentiero come se si aspettasse che qualche mostro spaventoso potesse uscire e catturarla. Il giovane lupo proprio non capiva. Cosa mai era cambiato?

 

Era talmente triste che passava la maggior parte del tempo girovagando senza meta per il bosco. Una mattina, si trovò davanti ad una strana costruzione di pietra, che non aveva mai visto, dove era molto forte l’odore della bambina col cappuccio rosso.

 

Ci girò un po’ intorno, e capì infine che quella doveva essere la tana cui la sua amica si dirigeva ogni giorno, col suo cestino di frittelle. Decise di aspettarla. Si accucciò davanti a quello che sembrava un ingresso, e si dispose ad attendere con pazienza.

 

Lei arrivò poco dopo. Appena lo vide, si mise a gridare e a correre. Aki si alzò e si incamminò lentamente verso di lei, col muso basso e la coda tra le zampe, per cercare di tranquillizzarla. Le sue urla attirarono persone che improvvisamente cominciarono ad arrivare da ogni parte. Esseri umani armati di fucile sbucavano fuori come funghi dopo un temporale estivo, ed Aki capì che era a questo che suo padre si riferiva, quel lontano mattino, parlando di quanto sono pericolosi gli umani. Ciò nonostante, non scappò. La sua amicizia con la bambina dal cappuccio rosso era più importante. Restò immobile, a guardarla, fisso, con lo sguardo obliquo e cercando di emettere dei suoni tranquillizzanti. Anche la bambina lo fissava, con la sua mantellina rossa che svolazzava al vento.

 

Improvvisamente, qualcuno sparò. Aki perse il controllo. L’istinto prese il sopravvento, egli si girò ed azzannò ad una gamba una vecchia signora, che nel frattempo era uscita dalla casa per vedere cosa stesse succedendo. Tutti gli uomini si avventarono nella sua direzione e lui mollò immediatamente la presa, dispiaciuto per quello che aveva fatto. Non aveva avuto intenzione di far del male a nessuno, ma solo di difendersi. Ma a quel punto, temeva che non ce l’avrebbe fatta, ne a fuggire ne a difendersi. Snudò i denti, ed attese.

 

Improvvisamente la bambina gridò. Ma non fu un grido di terrore, aveva più l’aria di un avvertimento.

 

-         Aspettate! Aspettate! Fermatevi, tutti, fermatevi!

 

Tutti si voltarnono a guardarla, come se fosse impazzita. Lei si avvicinò lentamente ad Aki

 

-         Lupacchiotto… ma sei tu? Oh Lupacchiotto! Non ti avevo riconosciuto, sei così cambiato! Non fategli del male!

 

Gli uomini con il fucile si guardarono per un attimo, allibiti. Videro la bambina avvicinarsi al lupo, cercarono di trattenerla ma lei si divincolò e si accostò ad Aki. Gli porse la mano, e lui la leccò gentilmente. Poi, approfittando del momento di calma, scappò via e si inoltrò nella foresta.

 

Prima di scomparire alla vista, si voltò e lanciò un ultimo sguardo alla bimba col cappuccio rosso, che a sua volta lo guardava fisso. Poi, se ne andò.

 

Tornato alla sua tana, disperato e piangente, raccontò a suo padre tutta la storia. I lupi erano in allerta, avevano avvertito la presenza di molti esseri umani e stavano in guardia. Aki confessò la sua amicizia con la bambina, e chiese perdono a Nakido per avergli disobbedito.

 

-         Figliolo, ora capisci quello che intendevo. Cacciatori e prede non possono essere amici. – disse il padre lentamente – solo che in questo caso non sei tu il cacciatore, ma sei la preda.

 

Aki capiva. Capiva che il suo istinto lo avrebbe portato ad attaccare quelle persone per difendersi, così come loro lo avevano attaccato credendo che la loro cucciola fosse in pericolo. Capì che non avrebbe potuto più essere amico di quella bambina gentile, e ne fu molto triste.

 

Da quel giorno, Aki non si avvicinò mai più agli esseri umani e ai loro fucili. Ma quando la mattina partiva per la caccia, passava sempre vicino al sentiero dove lui e la piccola umana avevano passato tanto tempo insieme

 

E sempre, trovava una frittella lasciata li per lui.

lunedì 2 marzo 2009

ELOGIO DEI DOPPI SERVIZI

Eh, quando ci vuole ci vuole.


Settimana scorsa ci siamo ammalati tutti, tutti insieme, e tutti della stessa disgustosa puzzolente cosa. Il famigerato virus gastro-enterico che gira in questi giorni ci ha presi e frullati per bene.


4 anime perplesse si trascinavano guardandosi sconcertate dal letto al cesso e dal cesso alla poltrona... scontrandosi in certune occasioni sulla via più breve che dalla camera conduce al bagno. Ed ecco la gratidudine per i doppi servizi... che hanno salvato il parquet da.... vabbè, hanno salvato il parquet, punto.


Vi risparmio i dettagli, una sola parola è adeguata a descrivere i giorni che abbiamo passato: DELIRIO.


Proprio in senso stretto, giacchè il Piccolo Genio era talmente provato da straparlare! E vi lascio immaginare come doveva stare, giacchè ha giaciuto immobile a letto senza mangiare ne bere per 24 ore filate, cosa che probabilmente non accadeva da quando aveva circa 15 gg di vita.


Ora siamo tutti guariti. Riprendiamo il giro :-)