venerdì 17 marzo 2006


Anno 33 dC secondo il calendario Gregoriano

Un luogo sulle sponde del lago di Galilea

Esterno, notte.

 

 

L’uomo alto guardava il lago illuminato da una luna piuttosto pallida.

Era solito passeggiare in solitudine, nella notte, quando poteva parlare in tranquillità con i suoi demoni personali.

Paura e Incertezza avevano camminato al suo fianco spesso quanto i più assidui dei suoi discepoli nelle ultime settimane. Conoscere il proprio destino a volte è una maledizione.

 

L’altro uomo, più tarchiato e scuro, lo raggiunse alle spalle, senza farsi sentire. Sapeva muoversi senza rumore, come tutti i sicarii. Era esperto nell’arte di non farsi vedere.

 

Parlò, ed entrambi trasalirono al suono cupo di quella voce.

 

- Non farlo. No farlo, non puoi farlo.

- Devo, amico mio. E’ l’unica soluzione.

- No. Deve esserci un altro modo.

- Non c’è. E’ scritto, lo sai.

 

L’uomo tarchiato alzò la voce, furente. Giocava il tutto per tutto.

- Non mi importa un accidente di cosa è scritto! Non devi farlo. Non devi, mi senti? Non te lo permetto!

 

L’uomo alto si girò di scatto, con uno sguardo fiammeggiante negli occhi. Parlò a voce bassa, ma chiara e lenta, come scandendo le parole per renderle più pesanti.

 

- Come ti permetti di dire a me quello che devo o non devo fare? Credi forse che non abbia discernimento?

 

L’altro sembrò disorientato, la furia che un attimo prima animava le sue parole completamente svanita. Aprì bocca per rispondere con foga, poi cambiò idea, e abbassò gli occhi. Tacque per qualche secondo, poi disse:

 

-Perdonami. Sono anni ormai che ti seguo e che ti guardo le spalle. Sai che ti onoro come un maestro e ti amo come un fratello. Non posso stare a guardare mentre ti lasci uccidere.- esitò un momento, poi proseguì con maggiore enfasi. – Moriremo tutti. Tutti noi seguiremo la tua sorte quando non ci sarai più. Cosa dovrò dire ai miei fratelli, quando mi chiederanno perché ci hai abbandonati?

 

L’uomo alto guardò il lungo pugnale simile a una spada attaccato alla cintura del suo interlocutore e sorrise. Era vero, gli era stato vicino con una devozione più profonda di quella della maggior parte dei suoi seguaci, ed ora non poteva metterlo a parte dei suoi piani. Dei suoi veri piani. Considerò per un momento l’opportunità di farlo, ma fu solo un attimo. Era importante che anche lui – soprattutto lui, il suo più fedele - lo credesse morto.

 

- Simone, Simone. Non puoi vacillare ora, proprio tu, che sei sempre stato saldo come una roccia. Sai bene che non vi abbandonerò mai, che sarò comunque con voi qualunque cosa accada. Beati coloro che morranno nel mio nome…

- No, ti prego. Ti prego, basta. Basta discorsi. Non ne posso più di discorsi e di speranza, quando so che stai per andartene, quando non ho più alcuna speranza. Basta. Ho paura, e sono stanco. Basta.

 

L’uomo alto sorrise nuovamente. Non lo aveva mai sentito tanto accorato e tanto scoraggiato prima di quel momento. Nessuno gli aveva mai parlato con tanta rudezza, ma non lo rimproverò per questo. Capiva il suo stato d’animo, lo capiva molto bene. Dopotutto, anche lui era molto stanco, e aveva paura.

 

-Guarda, Simone, albeggia. Dobbiamo metterci in cammino tra poco, il giorno è giunto. Vai a riposare qualche minuto, avrò bisogno di te nei prossimi giorni. Penserò io a svegliare gli altri, tu riposati.

 

Simone gli rivolse uno sguardo pieno di devozione e di tristezza. Riconobbe la propria sconfitta, non era riuscito a salvarlo. Alzò il capo per guardare il cielo che rosseggiava dietro il lago, e disse solamente

- Si, Rabbi.


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