mercoledì 29 marzo 2006

Alessandria d’Egitto

Fine dell’anno 33dC secondo il calendario Gregoriano

Una casa del quartiere ebraico della città

Interno, giorno.

 

Le donne stavano tutte attorno al letto in ansia

Una folta massa di capelli scuri era scompostamente sparsa sui cuscini candidi, e la donna sdraiata dava segni di ripresa molto lievi. Aveva il volto stanco e pallido, sudato, e le lenzuola bianche erano stropicciate per il molto agitarsi che aveva caratterizzato l’ultima notte. Era stato un parto particolaremente lungo e difficile, e ad un certo punto le levatrici avevano disperato di salvare la Madre.

Improvvisamente invece lei aprì gli occhi, e guardò attorno senza capire per un attimo dove fosse e perché tutti la guardassero con tanta apprensione. Poi la consapevolezza tornò.

Una delle donne allungò le braccia per porgerle un fagottino avvolto in un panno chiaro.

 

- Ecco Miriam, tua figlia

 

All’udire quelle parole uno degli uomini presenti, che stava vicino alla porta con una mano sullo stipite, come se desiderasse trovarsi in ogni luogo tranne li, proruppe in una esclamazione incredula e rabbiosa

 

- Che cosa hai detto? Tua figlia? È una femmina?

-Si Yosef, è una bambina.

-Ti sbagli di sicuro…. È impossibile.

- Difficile sbagliarsi su un fatto tanto ovvio, Yosef – rispose la donna con una punta di malizia. – Perfino tu te ne renderesti conto, se la guardassi.

-Una bambina… una bambina…... – continuava a ripetere quelle parole come un mantra, come se non riuscisse a convincersi. Poi , rabbiosamente: - Non può essere una bambina, non può! Dio non avrebbe permesso che Yeshua morisse, che il suo popolo fosse perseguitato, che Miriam rischiasse la vita per...per… per una femmina!

Una femmina inutile, stava per aggiungere, ma non lo fece per riguardo nei confronti della Regina

 

Miriam ascoltava con scarso interesse, aveva preso in braccio la piccola e l’aveva attaccata amorevolmente al seno per nutrirla. Ma all’udire il tono di Yosef, prese la parola. 

 

- Il tuo Dio ha scelto altrimenti per il suo popolo, Yosef, e non si è piegato ai tuoi voleri, o a quelli di mio fratello. Come hai potuto pensare che l’avrebbe fatto?

- Il mio Dio? È anche il TUO Dio, Miriam, fai attenzione a come parli.

 

Miriam sorrideva guardando sua figlia, e nessuno avrebbe potuto sospettare che quel sorriso non fosse tenerezza per la bimba, ma divertimento per l’incredulità di Yosef.

L’uomo uscì furioso, rosso in viso, indubitabilmente per andare a cercare gli uomini che attendevano notizie della nascita dalla sera precedente.

 

- Andiamo via ora – disse una delle donne – ti lasciamo tranquilla con la tua bambina, Miriam. – Fece per allontanarsi accompagnando le altre con un gesto della mano, poi si fermò. – Signora… come la chiamerai?

- Sara – rispose Miriam. – Sara. La piccola principessa Sara.

 

Quando fu sola, Miriam scostò il lembo del panno che copriva il viso di Sara e la guardò attentamente. Aveva un bel viso roseo, sembrava che le fatiche del parto fossero ormai soltanto un ricordo per lei. Gli occhi erano scuri, aperti, le manine chiuse a pugno. Sembrava tranquilla. Miriam sospirò.

 

Una bambina. Certo questo avrebbe provocato un po’ di scompiglio tra gli uomini, che aspettavano l’erede di Yeshua per riorganizzarsi, per tornare un giorno a Gerusalemme come ambasciatori del Re della Casa di Davide, che avrebbe preteso quel trono a cui suo padre aveva aspirato, fallendo.

Nessuno avrebbe capito.

Ma lei si, lei capiva.

Sapeva, ora, che la sua sarebbe stata una stirpe di donne. Una stirpe di Figlie che avrebbero un giorno, quando i tempi fossero stati pronti, scelto un Re da consacrare. Il germoglio del tronco di Iesse sarebbe stata una casta di Sacerdotesse. Quello era il più sacro dei compiti che le fossero stati affidati. Arebbe tramandato gli insegnamenti ricevuti, avrebbe istruito la sua discendenza, e un giorno, una discendente della casa di Beniamino e di Davide avrebbe compiuto la propria scelta, e avrebbe consacrato tramite il Sacro Rito dell’Unzione il nuovo Re. Un Re che senza tale unzione non sarebbe mai stato riconosciuto.

Questo era il vero potere, pensò Miriam con un moto di orgoglio, e quel potere era suo e di sua figlia. E sarebbe appartenuto alle figlie delle sue figlie fino alla fine dei tempi. Vi sono al mondo migliaia di uomini, e tra questi centinaia possono vantare parentele con questa o quella casa reale. Ma una sola Donna può compiere il Rito. Senza quella Donna, non vi è alcun Re.

 

Miriam sorrise stancamente a questa idea, e si addormentò cullando Sara.

4 commenti:

  1. eppure delle volte l'amore di una donna non basta a far guarire l'uomo.

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  2. eppure delle volte l'amore di una donna non basta a far guarire l'uomo.

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  3. Molti uomini non vogliono guarire, questa è la verità secondo me.
    Essi si riposano in noi e prendono ciò che offriamo come se fosse loro dovuto, ma senza volontà non può esserci guarigione. Se tante donne hanno dimenticato, ancora di più sono gli uomini che lo hanno fatto, e come bambini egoisti volgono lo sguardo altrove quando si sentono abbastanza sicuri. O quando capiscono che la guarigione implica innanzitutto lavoro e sofferenza, e che non si può semplicemente voltar la pagina senza aver letto e compreso tutto quello che vi è impresso. E dimenticano di nuovo, dimenticano non una ma molte volte.
    Questi sono i figli delle madri-che-non-sono-madri, che non insegnano ma semplicemente rendono tutto facile e preconfezionato, veloce ed indolore. Adulti nell'età a tal punto da non rendersi conto di quanto siano fragili nell'animo.

    Che gli Dei ci scampino dal pericolo di essere un tal genere di madre.

    Non conosco la situazione, ma mi viene da dire questo.
    Scrivimi ancora.

    A.

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  4. Molti uomini non vogliono guarire, questa è la verità secondo me.
    Essi si riposano in noi e prendono ciò che offriamo come se fosse loro dovuto, ma senza volontà non può esserci guarigione. Se tante donne hanno dimenticato, ancora di più sono gli uomini che lo hanno fatto, e come bambini egoisti volgono lo sguardo altrove quando si sentono abbastanza sicuri. O quando capiscono che la guarigione implica innanzitutto lavoro e sofferenza, e che non si può semplicemente voltar la pagina senza aver letto e compreso tutto quello che vi è impresso. E dimenticano di nuovo, dimenticano non una ma molte volte.
    Questi sono i figli delle madri-che-non-sono-madri, che non insegnano ma semplicemente rendono tutto facile e preconfezionato, veloce ed indolore. Adulti nell'età a tal punto da non rendersi conto di quanto siano fragili nell'animo.

    Che gli Dei ci scampino dal pericolo di essere un tal genere di madre.

    Non conosco la situazione, ma mi viene da dire questo.
    Scrivimi ancora.

    A.

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