mercoledì 29 marzo 2006

Alessandria d’Egitto

Fine dell’anno 33dC secondo il calendario Gregoriano

Una casa del quartiere ebraico della città

Interno, giorno.

 

Le donne stavano tutte attorno al letto in ansia

Una folta massa di capelli scuri era scompostamente sparsa sui cuscini candidi, e la donna sdraiata dava segni di ripresa molto lievi. Aveva il volto stanco e pallido, sudato, e le lenzuola bianche erano stropicciate per il molto agitarsi che aveva caratterizzato l’ultima notte. Era stato un parto particolaremente lungo e difficile, e ad un certo punto le levatrici avevano disperato di salvare la Madre.

Improvvisamente invece lei aprì gli occhi, e guardò attorno senza capire per un attimo dove fosse e perché tutti la guardassero con tanta apprensione. Poi la consapevolezza tornò.

Una delle donne allungò le braccia per porgerle un fagottino avvolto in un panno chiaro.

 

- Ecco Miriam, tua figlia

 

All’udire quelle parole uno degli uomini presenti, che stava vicino alla porta con una mano sullo stipite, come se desiderasse trovarsi in ogni luogo tranne li, proruppe in una esclamazione incredula e rabbiosa

 

- Che cosa hai detto? Tua figlia? È una femmina?

-Si Yosef, è una bambina.

-Ti sbagli di sicuro…. È impossibile.

- Difficile sbagliarsi su un fatto tanto ovvio, Yosef – rispose la donna con una punta di malizia. – Perfino tu te ne renderesti conto, se la guardassi.

-Una bambina… una bambina…... – continuava a ripetere quelle parole come un mantra, come se non riuscisse a convincersi. Poi , rabbiosamente: - Non può essere una bambina, non può! Dio non avrebbe permesso che Yeshua morisse, che il suo popolo fosse perseguitato, che Miriam rischiasse la vita per...per… per una femmina!

Una femmina inutile, stava per aggiungere, ma non lo fece per riguardo nei confronti della Regina

 

Miriam ascoltava con scarso interesse, aveva preso in braccio la piccola e l’aveva attaccata amorevolmente al seno per nutrirla. Ma all’udire il tono di Yosef, prese la parola. 

 

- Il tuo Dio ha scelto altrimenti per il suo popolo, Yosef, e non si è piegato ai tuoi voleri, o a quelli di mio fratello. Come hai potuto pensare che l’avrebbe fatto?

- Il mio Dio? È anche il TUO Dio, Miriam, fai attenzione a come parli.

 

Miriam sorrideva guardando sua figlia, e nessuno avrebbe potuto sospettare che quel sorriso non fosse tenerezza per la bimba, ma divertimento per l’incredulità di Yosef.

L’uomo uscì furioso, rosso in viso, indubitabilmente per andare a cercare gli uomini che attendevano notizie della nascita dalla sera precedente.

 

- Andiamo via ora – disse una delle donne – ti lasciamo tranquilla con la tua bambina, Miriam. – Fece per allontanarsi accompagnando le altre con un gesto della mano, poi si fermò. – Signora… come la chiamerai?

- Sara – rispose Miriam. – Sara. La piccola principessa Sara.

 

Quando fu sola, Miriam scostò il lembo del panno che copriva il viso di Sara e la guardò attentamente. Aveva un bel viso roseo, sembrava che le fatiche del parto fossero ormai soltanto un ricordo per lei. Gli occhi erano scuri, aperti, le manine chiuse a pugno. Sembrava tranquilla. Miriam sospirò.

 

Una bambina. Certo questo avrebbe provocato un po’ di scompiglio tra gli uomini, che aspettavano l’erede di Yeshua per riorganizzarsi, per tornare un giorno a Gerusalemme come ambasciatori del Re della Casa di Davide, che avrebbe preteso quel trono a cui suo padre aveva aspirato, fallendo.

Nessuno avrebbe capito.

Ma lei si, lei capiva.

Sapeva, ora, che la sua sarebbe stata una stirpe di donne. Una stirpe di Figlie che avrebbero un giorno, quando i tempi fossero stati pronti, scelto un Re da consacrare. Il germoglio del tronco di Iesse sarebbe stata una casta di Sacerdotesse. Quello era il più sacro dei compiti che le fossero stati affidati. Arebbe tramandato gli insegnamenti ricevuti, avrebbe istruito la sua discendenza, e un giorno, una discendente della casa di Beniamino e di Davide avrebbe compiuto la propria scelta, e avrebbe consacrato tramite il Sacro Rito dell’Unzione il nuovo Re. Un Re che senza tale unzione non sarebbe mai stato riconosciuto.

Questo era il vero potere, pensò Miriam con un moto di orgoglio, e quel potere era suo e di sua figlia. E sarebbe appartenuto alle figlie delle sue figlie fino alla fine dei tempi. Vi sono al mondo migliaia di uomini, e tra questi centinaia possono vantare parentele con questa o quella casa reale. Ma una sola Donna può compiere il Rito. Senza quella Donna, non vi è alcun Re.

 

Miriam sorrise stancamente a questa idea, e si addormentò cullando Sara.

venerdì 24 marzo 2006

Piccola digressione artistica

Click to view full size image<br/>==============<br/>82 - La Derelitta<br/>c. 1495, 43 x 47 cm<br/>Rome, Palazzo Pallavicini Rospigliosi, Galleria Aurora<br/>


Sandro Botticelli, La Derelitta, 1495


 


Mi han trovato le guardie che perlustrano la città;
mi han percosso, mi hanno ferito,
mi han tolto il mantello
le guardie delle mura.
Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
se trovate il mio diletto,
che cosa gli racconterete?
Che sono malata d'amore!


Cantico dei Cantici, Poema Quarto

mercoledì 22 marzo 2006

Anno 33 dC secondo il calendario Gregoriano

Mattina seguente alla Pasqua Ebraica

Giardino conosciuto come Il luogo del Teschio

Esterno, giorno.

 

 

Miriam camminava come in un sogno, a malapena consapevole della strada che percorreva, delle donne che aveva vicino, delle pietre sotto i suoi piedi. Gli occhi erano asciutti ma il suo viso trasmetteva angoscia e rassegnazione.

 

Quando si fermò davanti al sepolcro, tutto quello che vide fu la pietra scostata ed il passaggio aperto. Fu colta da una vertigine, e barcollò fin dentro la tomba tenendosi a stento in equilibrio. Il letto di pietra che aveva ospitato il suo sposo nel suo ultimo sonno era vuoto.

 

Corse fuori, gridando. Le altre donne spaventate scapparono.

Un uomo vestito di bianco le venne incontro da lontano, ne vide la sagoma attraverso le lacrime che ora scendevano copiose, inarrestabili. Un terrore indicibile si era impadronito di lei.

 

- Aiutami, aiutami – gridò correndogli incontro – dove hanno portato il mio Signore? Dove lo hanno messo? Aiutami, ti prego, devo trovarlo...

- Miriam….. – disse l’uomo dolcemente

 

Miriam si bloccò.Il suono di quella voce l'avvolse, e lei si asciugò il viso e gli occhi con le mani, freneticamente.

 

- Yeshua? Yeshua proprio sei tu… mi avevano detto che eri morto, mi avevano detto che non c’era speranza… sei vivo marito mio, sei qui sei vivo…

 

Miriam si slanciò verso di lui e lo abbracciò. Lui ricambiò brevemente l’abbraccio, poi disse

 

- Noli me tangere, Miriam. Non trattenermi. Ho poco tempo e molto da compiere prima di andarmene.

- Andartene? Ma sei qui, sei vivo… Abbiamo tutto il tempo del mondo, ora. Tutto si compirà, tutto è a posto…

- No, Miriam. Io sto per morire.

 

Miriam lo guardò incredula, poi crollò in ginocchio ai suoi piedi, schiacciata dal significato di quelle parole e dalla gravità che gli leggeva in volto.

 

- Yeshua…..

 



Lui la prevenne, sapeva quel che stava per dire.




- Yosef ha deciso giustamente, Miriam. Un potente rimedio esseno mi ha ridato vigore, secondo le sue istruzioni, ma il suo effetto sarà breve. Devo terminare la mia missione, devo parlare con Simone e gli altri prima che tutto sia finito.

- Così mio Signore vieni usato nella morte come lo sei stato in vita…

- No, Miriam. E’ stata una mia scelta. Yosef e tuo fratello hanno eseguito il mio volere.

 

Miriam non aveva più parole ne speranza. Yeshua le tese le braccia e l’aiutò ad alzarsi.

 

- Addio, mia amata. Proteggi il sangue reale che scorre dentro di te. Ora tu sei la coppa che contiene il tesoro più grande e prezioso, la più grande speranza per il nostro popolo. Porta con te tutto il mio amore, Miriam.

 

Detto questo, si allontanò lentamente. Lei rimase a guardarlo, per l’ultima volta, le mani premute sul ventre. 

 

 

 

 

 
Anno 33dC secondo il calendario Gregoriano

Mattina seguente alla Pasqua Ebraica

Casa di Betania.

Interno, giorno.

 

 

 

- Sorella….

 

L’uomo aveva il volto segnato dalle lacrime

 

- Hanno fallito, vero? Te lo leggo in viso.

- Si, Miriam. Si, hanno fallito.

- E’… è morto, dunque?

- Yosef è rimasto con lui e con i guaritori. Quando sono andato via, era ancora vivo. Ma non ci hanno dato speranze.

 

Miriam abbassò lo sguardo.

 

- Albeggia. Vado da lui.

- Non voglio che tu vada sola Miriam, non oggi, non dopo quello che è successo. Ora dobbiamo pensare a proteggere te e il tuo bambino.

 

Miriam lo guardò furibonda.

 

- Come avete protetto lui? Faccio a meno volentieri di quel genere di protezione. Non toccarmi, ‘El ‘Azar. Lasciami passare. Il mio Sposo mi attende.

 

martedì 21 marzo 2006

Anno 33 dC secondo il calendario Gregoriano

Sera precedente alla Pasqua Ebraica

Sancta Sanctorun del Tempio di Gerusalemme.

 

 Tra gli uomini in piedi serpeggiava una certa agitazione e preoccupazione.


- Chi ha indetto questa riunione straordinaria, che viola tutte le leggi di Dio?

- Sono stato io – a parlare era il sacerdote anziano – e sono certo che tutti voi capite l’urgenza degli argomenti che oggi dobbiamo discutere.

-Allora cosa c’è di tanto grave da sconvolgere sabbat? – domandò qualcuno guardandosi furtivamente attorno, come se si aspettasse che la collera divina potesse colpire in quel preciso istante quel consesso di miscredenti.

 

Il sacerdote anziano parlò con calma, guardando i convenuti negli occhi uno ad uno, per essere certo di avere la loro piena attenzione

 

- Siamo qui per discutere di una grave questione che abbiamo scioccamente trascurato negli ultimi 3 anni. La nostra negligenza rischia ora di dannarci. Non avete udito, fratelli miei, che quell’uomo, quel Nazoreo, è entrato 3 giorni fa in Gerusalemme a dorso d’asino? Non avete udito che è stato acclamato dalla popolazione come Figlio di Davide?

-Abbiamo udito, e non abbiamo potuto credere alle nostre orecchie. Sedizione! Bestemmia! Ignominia!!

-Calma, calma cari fratelli. Non c’è sedizione ne bestemmia, qui. Egli potrebbe essere veramente il discendente della casa reale della tribù di Giuda, come indicato dai Profeti delle Scritture.        


 

Tutti guardarono il Venerabile Anziano con un misto di ansia ed incomprensione.

Lui sorrise.

 

- Si, le profezie sono utili quando restano tali. Non sempre il loro avverarsi è un bene.

- E’ entrato a Gerusalemme in trionfo, ha “purificato il tempio” provocando agitazioni e tafferugli. E ho udito chiamarlo Messia e Cristo. Egli si è già di fatto proclamato Re di questa terra con gli atti se non con le parole. Gli permetteremo di appropriarsi così di quanto abbiamo costruito lungamente tramite le nostre alleanze con i Romani? Che ne sarà di noi se le sue pretese verranno riconosciute politicamente legittime e i romani lasceranno questa terra?

- No, non lo permetteremo – rispose l’Anziano. -  Ed è precisamente per questo che siamo qui oggi, in quest’ora notturna e in violazione di tutte le nostre Sacre Leggi. Questo Yeshua, questo Nazoreo guaritore e mago deve essere fermato.

 

Uno che aveva taciuto fino a quel momento prese solennemente la parola.

 

-La gravità della situazione è chiara a tutti. Non possiamo tentennare. Abbiamo lo strumento per fermarlo definitivamente. Una accusa di bestemmia basta per condannarlo alla lapidazione.

 

I Sacerdoti Sadducei si girarono a guardarlo. .Aveva espresso a parole quello che tutti pensavano ma non avevano il coraggio di dire. Cominciarono a vociferare la propria approvazione, quando l’Anziano li fermò di nuovo.

 

- Attenzione cari amici. Il popolo lo acclama. Non possiamo esporci in prima persona, rischiamo la rivolta, e allora avremo fatto tutto per niente. Non siamo noi che dobbiamo condannarlo. Deve essere fermato da altri.

 

Non pronunciò la parola "ucciso" ma la natura del suo pensiero era chiara ormai a tutti.

 

-Lo denunceremo alle autorità romane. Che siano loro a sporcarsi le mani. I nemici politici di Roma vengono crocefissi. Pilato sa di essere inviso ai giudei e non se ne cura, ma la sua assegnazione a questa provincia lontana gli fa capire di aver perso anche il favore di Roma. Coglierà con piacere l’occasione di mostrarsi forte e risoluto di fronte all’Imperatore. Ci libererà da questo personaggio, che la sua casa sia quella di Davide o no, e reprimerà qualunque rivolta popolare nel sangue.

 

Nessuno parlò. Poi , timidamente, qualcuno disse:

 

- Dio non approverà l’uccisione del suo prescelto e del suo popolo eletto….

- Non siate sciocchi! Dio non si occupa di questioni politiche, ha scelto noi per questo. Andrò al palazzo di Pilato non appena farà giorno e tutto sarà concluso. Entro domani, questo problema sarà estirpato.

lunedì 20 marzo 2006


Anno 33dC secondo il calendario Gregoriano

La casa del dialogo precedente

Interno, notte.

 

 

L'Uomo era seduto, immobile.

Il suo sguardo sembrava stranamente assente, come se fissasse un punto lontano che solo lui poteva percepire.

Gli uomini attorno a lui erano abituati a questo genere di atteggiamento. Il Maestro spesso andava dove loro non potevano seguirlo.

Ma quella sera era diverso.

C'era un senso di aspettativa, nell'aria si respirava il profumo di avvenimenti per ora solo presagiti.

Dalla porta giunse un rumore di passi, ed entrò la Donna, riccamente vestita, bella come una visione divina, di una bellezza quasi sfacciata, sfoggiata apertamente senza pudore, senza vergogna.  Ogni segno di cedimento o di inquietudine cancellato dal viso, ogni movimento della mano perfetto come solo quelli di una Regina sanno essere.

Gli uomini attorno al maestro si girarono a guardarla, e subito abbassarono gli occhi. Nessuno osava guardarla apertamente, o apertamente sfidarla.

Tranne uno, che tenne i suoi occhi di fuoco dritti in quelli della Donna, esprimendo con lo sguardo paura, e forse disprezzo

 

L'Uomo si volse verso di lei, e le sorrise lievemente.

I suoi occhi indugiarono sul suo abito scollato, un istante solo, un momento soltanto per riportare un ricordo alla mente, prima che l'inesorabile si compisse.

 

- E' il momento, mio signore. Ti prego, manda via gli uomini


L'Uomo che alcuni chiamavano Maestro fece un cenno con la mano e i suoi accoliti si alzarono e cambiarono stanza. 

Uno di essi, sempre lo stesso, fissò la Donna con aperto odio, fissò il vasettp che portava tra le mani chiedendosi cosa mai potesse contenere che lui e gli altri fossero indegni di vedere e conoscere.

 

La Donna ricambiò il suo sguardo, ma non c'era odio nella sua espressione.

Solo la velata consapevolezza di una superiorità irraggiungibile.

Come una Dea che guardasse dall'alto un piccolo mortale arrabattarsi tra pieghe di Saggezza per lui incomprensibili   

 

E forse era proprio così.

    

L'Uomo attese che tutti se ne fossero andati.

Non avrebbero capito, non avrebbero mai potuto comprendere la solennità e la ritualità di quel momento.

Loro non sapevano, loro non potevano partecipare al rito. Troppi veli offuscavano la loro mente, i loro occhi e i loro cuori. In parte, ammise, era colpa sua, che li aveva tenuti all’oscuro.

La conoscenza non è per tutti.

Quell'attimo era suo, suo e della sua Compagna.

Lei lo avrebbe reso degno del destino che stava per compiersi.

 

Una volta soli l'uno davanti all'altra, la Donna si chinò ai piedi dell'Uomo e posò a terra il vaso che aveva con se.

Poi sciolse i lucidi capelli neri e per un lungo momento li accarezzò districandoli con le dita, in un gesto che era ad un tempo pudico e sensuale.

L'Uomo la guardò intento, e i suoi occhi espressero - per un istante solo - il più puro e profondo sentimento d'amore che possa albergare nel cuore umano.

 

Poi la consapevolezza di quanto stava avvenendo lo riassalì, ed egli tornò immobile, serio. Preoccupato, forse.  

 

La Donna aprì il vaso, la sua piccola Giara di Alabastro, e un profumo dolce si sparse nell'aria.

Prese con le mani il prezioso unguento in essa contenuto e cominciò con lentezza a cospargerne il capo dell'Uomo, mormorando parole che solo lui poteva udire, e che nessuno avrebbe comunque potuto comprendere. 

L'incanto del momento fu rotto solo da un commento sprezzante che giungeva dall'altra sala, dove gli uomini si erano raccolti, in attesa. 

Qualcosa che riguardava lo spreco di denaro per quell'unguento. 


La Donna non vi prestò orecchio, continuò la sua opera con calcolata lentezza e sensualità.

Il rito doveva compiersi, e l'incomprensione di pochi sarebbe ben presto stata ricompensata dalla consapevolezza di molti. 

E la promessa della Rinascita si sarebbe compiuta, la ruota avrebbe continuato a girare.

 

Quando la Donna ebbe finito, quando l’Uomo fu unto, lui la guardò dritta in volto.

  

- Sto per morire, mia signora? Mia sophia, mio amore, sto dunque davvero per morire?

- Si - rispose lei con semplicità. -ma non sarà per sempre.


 

sabato 18 marzo 2006



Anno 33 dC del calendario Gregoriano

Una casa signorile in un sobborgo di Gerusalemme.

Interno, pomeriggio inoltrato.

 

- Miriam! Miriam, stanno arrivando

- Ho udito le voci fratello. Lo so.

- Avvisa Marta che appronti per il pasto, e vai a prepararti. Presto.

- So bene quello che devo fare e quale dovere devo compiere. Non ho bisogno di alcuna imbeccata

 

La voce di Miriam era tagliente, nervosa. Guardava nascostamente dalla finestra in attesa di veder spuntare il piccolo corteo. Una quindicina di uomini in tutto, che si proponevano di cambiare la storia del mondo. Chi in un modo, chi nell’altro.

 

- Non essere insolente con me, sorella.

 

Lei lo squadrò con uno sguardo duro negli occhi che non ammetteva alcun tipo di replica. Uno sguardo che non le era mai appartenuto, lei che era sempre stata una donna dolce e comprensiva. Le cose cambiano, e in fretta.

 

-Insolente? Insolente, io. Voi coi vostri piani, con le vostre visioni del futuro! Avete deciso tutto a tavolino, davanti al libro delle profezie, senza badare a chi avreste coinvolto nei vostri piani. Usate la vita delle persone per i vostri scopi, e se qualcuno muore, pazienza, fa parte del rischio. Non è così mio caro fratello? Non è quello che hai fatto con me? Non è per questo che sono stata scelta?

- Tu sei stata scelta per il tuo lignaggio, lo sapevi fin dall’inizio.

-Lo sapevo. Ma io sono una donna e lui un uomo. C’è nessuno che si soffermi a pensare a questo? E’ mio marito, e io stasera lo manderò a morte. A qualcuno importa di quest’uomo che rischia la sua vita, che abbandona la sua sposa, che forse non vedrà mai la suo figlio? Qualcuno ricorda che è una persona, e non soltanto lo Sposo promesso alla terra di Sion?

- La discendenza è precisamente il motivo per cui siamo qui oggi…

- Smettila! Io sto parlando di un padre e di un figlio, non di una dinastia regale. Un figlio, un bambino che non è ancora nato, in cane ed ossa, il cui padre subirà la peggiore delle sorti per mano di sua moglie e dei suoi migliori e più fedeli amici! A qualcuno importa di questo? A qualcuno importa? A qualcuno interessa che non rivedrò il mio amato? A te? A Yosef?

- Tu bestemmi sorella!

- Davvero? Ebbene non mi importa. Che Dio mi fulmini qui e ora se sto bestemmiando! Almeno questo potrà forse salvare la vita di mio marito, se non potrò compiere il rito di legittimazione!

 

Lacrime di rabbia e dolore solcavano il viso di Miriam, mentre sua sorella Marta si avvicinava.

La guardò con disprezzo, e si rivolse all’uomo.

 

- Hai scelto la donna sbagliata, fratello. Te lo dissi fin dall’inizio. Miriam è pigra, e non ha alcun senso del dovere.

- Vorresti prendere il posto di tua sorella, Marta? Pensi che non te lo cederebbe con gioia, se potesse? Sei una sciocca, Marta, e non sei degna di alzare gli occhi sulla tua regina.

 

Al sentire queste parole Miriam si ricompose.

Si asciugò il viso col velo che portava sul capo, ed alzò lo sguardo.

 

- Compirò il mio dovere, sai che lo farò. Mi abbiglierò con il mio abito migliore e con i miei più splendenti gioielli, come si conviene a una regina e a una sacerdotessa. Quando Yeshua arriverà, io sarò pronta a dargli ciò che una discendente di Beniamino deve al Re promesso della Casa di Davide.

-           

Così dicendo, fece per allontanarsi.

Il fratello la trattenne per un braccio, si avvicinò a lei con affetto e le disse

 

- Lui mi comanda di portarti tutto il suo amore, Miriam. Sa quanto grande sia il tuo dolore, e il suo è pari al tuo. Il vostro è stato un matrimonio dinastico e politico, è vero. E per il popolo avrà il valore simbolico che solo le Nozze Sacre delle antiche scritture hanno. Ma la saggezza del Signore ha voluto che fosse coronato anche da un profondo amore. Sii grata, Miriam, per quanto hai condiviso con lui, perché ciò che lui ti ha dato non lo ha dato ne lo darà ad alcun altro. Sei la sua prediletta, ti ama come Sposa e come donna. Poche mogli possono dire altrettanto.

 

Miriam sorrise mestamente.

 

- Tra poco mi dirai che mi tocca la più fulgida delle sorti, fratello mio, e che sono la più fortunata delle donne. Non mentire, non con me. So chi sono e so cosa devo fare. Ma nessuna legge e nessun profeta mi comanda di esserne lieta.



Anno 33 dC del calendario Gregoriano

Un luogo sulle rive del lago di Galilea

Esterno, giorno.

Incontro segreto.

 

 

- Eccomi fratello mio, è molto che aspetti?

- No, sono appena arrivato. Ma non mi piace vederti in segreto. Nascondermi non è nella mia natura.

- Lo so. Ma per ora purtroppo è necessario.

- E’ tutto pronto?

- Si. Tutto è organizzato.

 

Un velo di tristezza adombrò gli occhi dell’uomo che aveva parlato per primo.

 

- Yosef è stato avvisato, alcuni funzionari sono stati corrotti. I guaritori esseni giungeranno domani nella notte da Qmran. Nessuno li vedrà, e prenderanno alloggio presso Yosef. Saranno pronti.

- E riusciranno?

 

I due si guardarono. Entrambi conoscevano bene i rischi, li avevano valutati e riconsiderati molte volte. Era difficile, ma non impossibile. Ma la catastrofe era in agguato, lo sapevano tutti e due. Non c’era spazio per gli errori. Ne per i ripensamenti, a questo punto.

 

- Riusciranno - riprese il primo uomo - Ho fiducia.

- E lei?

- Lei ti attende nella mia casa. Sa quello che deve fare, e sa quello che significa. E’ disperata, naturalmente, e ha paura. Ma compirà il suo dovere, perché così deve essere.

- Portale tutto il mio amore, amico mio. Dille che non saremo mai divisi, qualunque cosa accada. Vorrei allontanare questo calice amaro dalle sue labbra… Dio sa quanto lo vorrei.

- Dio lo sa, e lo so anche io. E anche lei. Ma sarà molto difficile. Forse più difficile per lei che per chiunque altro di noi. E i rischi che correrà se falliamo sono pari ai tuoi.

- Mia amata, mia sposa. Mia Sophia. Quale splendida Regina e Sposa per Sion! Ti prenderai cura di lei, quando io non potrò?

- Naturalmente. E’ la mia regina, e mia sorella. Yosef ed io ci prenderemo cura di lei e di colui che sta germogliando nel suo grembo.

- D’accordo. Allora, questo è tutto. Quando ci rivedremo, non potremo più parlarci liberamente. Tutto il mio amore per te, fratello mio, e per la mia sposa.

- Shalom, fratello mio e mio Re. E che si compia la volontà di Dio.

venerdì 17 marzo 2006


Anno 33 dC secondo il calendario Gregoriano

Un luogo sulle sponde del lago di Galilea

Esterno, notte.

 

 

L’uomo alto guardava il lago illuminato da una luna piuttosto pallida.

Era solito passeggiare in solitudine, nella notte, quando poteva parlare in tranquillità con i suoi demoni personali.

Paura e Incertezza avevano camminato al suo fianco spesso quanto i più assidui dei suoi discepoli nelle ultime settimane. Conoscere il proprio destino a volte è una maledizione.

 

L’altro uomo, più tarchiato e scuro, lo raggiunse alle spalle, senza farsi sentire. Sapeva muoversi senza rumore, come tutti i sicarii. Era esperto nell’arte di non farsi vedere.

 

Parlò, ed entrambi trasalirono al suono cupo di quella voce.

 

- Non farlo. No farlo, non puoi farlo.

- Devo, amico mio. E’ l’unica soluzione.

- No. Deve esserci un altro modo.

- Non c’è. E’ scritto, lo sai.

 

L’uomo tarchiato alzò la voce, furente. Giocava il tutto per tutto.

- Non mi importa un accidente di cosa è scritto! Non devi farlo. Non devi, mi senti? Non te lo permetto!

 

L’uomo alto si girò di scatto, con uno sguardo fiammeggiante negli occhi. Parlò a voce bassa, ma chiara e lenta, come scandendo le parole per renderle più pesanti.

 

- Come ti permetti di dire a me quello che devo o non devo fare? Credi forse che non abbia discernimento?

 

L’altro sembrò disorientato, la furia che un attimo prima animava le sue parole completamente svanita. Aprì bocca per rispondere con foga, poi cambiò idea, e abbassò gli occhi. Tacque per qualche secondo, poi disse:

 

-Perdonami. Sono anni ormai che ti seguo e che ti guardo le spalle. Sai che ti onoro come un maestro e ti amo come un fratello. Non posso stare a guardare mentre ti lasci uccidere.- esitò un momento, poi proseguì con maggiore enfasi. – Moriremo tutti. Tutti noi seguiremo la tua sorte quando non ci sarai più. Cosa dovrò dire ai miei fratelli, quando mi chiederanno perché ci hai abbandonati?

 

L’uomo alto guardò il lungo pugnale simile a una spada attaccato alla cintura del suo interlocutore e sorrise. Era vero, gli era stato vicino con una devozione più profonda di quella della maggior parte dei suoi seguaci, ed ora non poteva metterlo a parte dei suoi piani. Dei suoi veri piani. Considerò per un momento l’opportunità di farlo, ma fu solo un attimo. Era importante che anche lui – soprattutto lui, il suo più fedele - lo credesse morto.

 

- Simone, Simone. Non puoi vacillare ora, proprio tu, che sei sempre stato saldo come una roccia. Sai bene che non vi abbandonerò mai, che sarò comunque con voi qualunque cosa accada. Beati coloro che morranno nel mio nome…

- No, ti prego. Ti prego, basta. Basta discorsi. Non ne posso più di discorsi e di speranza, quando so che stai per andartene, quando non ho più alcuna speranza. Basta. Ho paura, e sono stanco. Basta.

 

L’uomo alto sorrise nuovamente. Non lo aveva mai sentito tanto accorato e tanto scoraggiato prima di quel momento. Nessuno gli aveva mai parlato con tanta rudezza, ma non lo rimproverò per questo. Capiva il suo stato d’animo, lo capiva molto bene. Dopotutto, anche lui era molto stanco, e aveva paura.

 

-Guarda, Simone, albeggia. Dobbiamo metterci in cammino tra poco, il giorno è giunto. Vai a riposare qualche minuto, avrò bisogno di te nei prossimi giorni. Penserò io a svegliare gli altri, tu riposati.

 

Simone gli rivolse uno sguardo pieno di devozione e di tristezza. Riconobbe la propria sconfitta, non era riuscito a salvarlo. Alzò il capo per guardare il cielo che rosseggiava dietro il lago, e disse solamente

- Si, Rabbi.